Giulia Cecchettin, bufera su Stefano Valdegamberi. Chi è il consigliere veneto che ha lanciato un’accusa (falsa) alla sorella Elena

Su Facebook il consigliere eletto con la Lega sostiene che la 24enne “esalta simboli del satanismo”. Le opposizioni chiedono le sue dimissioni ma lui non intende fare un passo indietro: “Quelli che mi hanno votato la pensano come me”

 

Incurante della bufera scatenata e delle richieste di dimissioni, lui tira dritto. Di fare un passo indietro non se ne parla. Il giorno dopo il post su Elena Cecchettin, sorella di Giulia, la 22enne vittima di femminicidio, il consigliere regionale del Veneto Stefano Valdegamberi non ritratta. Anzi rilancia. “Per cosa dovrei dimettermi? Quelli che mi hanno votato la pensano come me. Ho ricevuto messaggi di morte da quelli che dicono di rispettare uomini e donne. Elena parla di uomo patriarcale e poi sui social ha richiami a simboli satanisti. Fa la morale e poi segue certe teorie sataniste”, ha detto ospite della trasmissione La Zanzara su Radio 24. “Il discorso di Elena è ideologico, ho il diritto di dire che non sono d’accordo. Lei critica la mentalità patriarcale poi esalta Lucifero”, ribadisce il consigliere eletto nelle liste della Lega.

La falsa accusa e il logo di una rivista per skater

Il conduttore non ha fatto notare a Valdegamberi che in realtà quello stampato sulla felpa della 24enne non è altro che il logo di Thrasher, rivista specializzata dedicata al mondo degli skater fondato oltre 40 anni fa da Eric Swenson e Fausto Vitello. Il pentacolo con due ruote di skate deve averlo tratto in inganno.

Veronese, classe 1970, un passato da ex Udc poi eletto nella lista “Zaia presidente”, sovranista e consevatore, il consigliere su Facebook se l’era presa con Elena Cecchettin per le posizioni espresse contro la diffusa “cultura patriarcale” come “preludio al femminicidio“. Nel post, poi rimosso, Valdegamberi parlava di “messaggio ideologico, costruito ad hoc, pronto per la recita”, per poi tirare in ballo la “società satanista” in riferimento alla felpa indossata dalla ragazza “con certi simboli”. Per non parlare della “freddezza” e della “apaticità” di fronte alla tragedia della sorella, che alimentano “dubbi e sospetti” da far valutare ai magistrati.

Dopo le critiche sollevate dal post, Valdegamberi era tornato a scrivere sui social per precisare che si trattava di “un commento di non condivisione di dichiarazioni che minimizzano la responsabilità personale dell’omicida, per cercarla nel presunto ‘modello patriarcale’”. Per poi ribadire il concetto: “Poi se scopro dai social media che l’appello viene fatto da una ragazza che abbraccia ed esalta simboli di satanismo che tutto sono tranne che amore e fratellanza, non posso pormi degli interrogativi?”.

Post Facebook di Stefano Valdegamberi su Elena Cecchettin
Post Facebook | Immagine FB Stefano Valdegamberi

Bufera sul consigliere: le opposizioni chiedono le dimissioni

Il presidente regionale Luca Zaia si è affrettato a prendere le distanze: “Sono parole dalle quali mi dissocio totalmente nei concetti espressi e nelle modalità. Penso che sia il momento del dolore e del suo rispetto, non certo quello di invocare l’intervento di magistrati sulle dichiarazioni personali della sorella di una ragazza che ha perso la vita in questo modo tragico”. E poi lapidario: “I social sono lo specchio della società. Prima le stupidaggini si dicevano davanti al banco del bar, oggi qualcuno riesce a metterle nero su bianco, molto spesso in un italiano zoppicante, si sente premio Nobel e ha il suo momento di gloria”.  Il Carroccio d’altra parte ha tenuto a precisare che Valdegamberi “non è iscritto alla Lega e non è mai stato un militante della Lega”.

Le opposizioni stigmatizzano le “farneticazioni” di Valdegamberi e ne invocano le dimissioni. Per l’eurodeputata del Partito democratico Alessandra Moretti, “non ci sono parole per definire il consigliere regionale”. Solidarietà quindi a “Elena Cecchettin che, oltre al dolore insopportabile di aver perso una sorella, in un modo atroce, deve sopportare tutto questo, per giunta da chi rappresenta le istituzioni. Non si fatica a pensare che queste parole siano il frutto di un patriarcato antico che ha trovato spesso nella Lega il suo referente politico”.

Secondo l’ex presidente della Camera Laura Boldrin, “l’attacco becero” alla sorella di Giulia Ceccherin “è la dimostrazione di cosa sia il patriarcato: l’attacco violento contro una donna che dice come la pensa e lo fa essendo parte in causa”. Elena, aggiunge la deputata del Pd, “nel pieno di una vicenda dolorosissima, deve pure vedersi attaccare per come si veste o per le foto che pubblica sui social“.

A chiedere le dimissioni del consigliere è, tra gli altri, la senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra, Aurora Floridia, che parla di “un comportamento inqualificabile per il ruolo istituzionale che ricopre, che non può più essere tollerato. La società e tutte le istituzioni sono chiamate oggi più che mai a uno sforzo comune che debelli definitivamente la cultura patriarcale e denigratoria nei confronti delle donne”. A farle eco la deputata di Italia Viva Isabella De Monte: “Valdegamberi abbia un sussulto di buongusto e si dimetta. Anche il presidente Zaia, come chiunque di buonsenso, si è dissociato da questa penosa uscita”.

Elena Cecchettin contro il “garantismo” di Salvini

Il giorno prima era stata la volta del vicepremier Matteo Salvini, criticato per un commento sull’arresto di Filippo Turetta, il 22enne accusato dell’omicidio di Giulia Cecchettin. “Se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita”, aveva scritto su X il leader del Carroccio. La sorella della vittima ha stigmatizzato l‘inconsueto garantismo del segretario di un partito, la Lega, tradizionalmente votato al giustizialismo. “Il ministro dei Trasporti che dubita della colpevolezza di Turetta perché bianco, perché ‘di buona famiglia’. Anche questa è violenza, violenza di Stato”, ha scritto su Instagram.

La 24enne aveva ricordato anche l’astensione nel maggio scorso di Lega e Fratelli d’Italia al Parlamento europeo chiamato a ratificare la Convenzione di Istanbul sul contrasto alla violenza sulle donne.

Elena e Giulia Cecchettin
Elena e Giulia Cecchettin | Foto Instagram @bisc0ttoalcioccolato

A distanza di poche il vicepremier era tornato sulla vicenda, replicando indirettamente a Elena Cecchettin. “Per gli assassini carcere a vita, con lavoro obbligatorio. Per stupratori e pedofili – di qualunque nazionalità, colore della pelle e stato sociale – castrazione chimica e galera”, scriveva il leader del Carroccio. “Ovviamente, come prevede la Costituzione, dopo una condanna stabilita in Tribunale augurandoci tempi rapidi e nessun buonismo, anche se la colpevolezza di Filippo pare evidente a me e a tutti”.

La lettera:”Per Giulia non un minuto di silenzio, bruciate tutto”

Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è“. È l’incipit della lettera che Elena Cecchettin ha scritto ieri al Corriere della Sera per chiarire il proprio pensiero. “I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura”, scrive la 24enne.

Quindi l’appello agli uomini perché si assumano le proprie responsabilità. “Viene spesso detto ‘non tutti gli uomini’. Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio”.

Secondo Elena Cecchettin, “il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto“.

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