“Non sapere che cosa sia accaduto nei tempi passati, sarebbe come restare per sempre un bambino. Se non si fa uso delle opere dell’età passata, il mondo rimarrà sempre nell’infanzia della conoscenza”.
Siamo all’indomani del 1861, nell’Italia post unitaria, ai tempi della cosiddetta “Questione Meridionale”; corruzione, repressione e malcontento sono i termini che compaiono maggiormente nelle pagine di storia dell’epoca. Il Sud di un’Italia ufficiosa, affetto da ingiustizia e analfabetismo, prova a scrivere la storia, la propria storia, in cui i protagonisti non vantano imprese epiche né portano stemmi lucenti sulle divise.
Si tratta del popolo, la massa di uomini e donne ignoranti abituati a dialogare solo con la terra. E fu proprio il grido della loro terra a spingerli all’insurrezione, rendendoli protagonisti di una storia che, fino a quel momento, avevano subito passivamente.
Gli esperti l’hanno definito “fenomeno politico e sociale”, ma, al di là dei luoghi comuni, in pochi sanno cosa significò il brigantaggio per il destino del Meridione. Un capitolo di storia scritto dagli sconfitti, simili a primitivi che peccarono di presunzione credendo di riuscire a sovvertire l’ordine delle cose. Eppure, i briganti avevano una grande dote, quella del coraggio.
Ed è il coraggio il filo conduttore dello spettacolo teatrale “Fuori i Borboni” giunto alla sua quarta edizione nel boschetto di Lucarelli, comune di Latronico. Non attori di mestiere, non professionisti, bensì dilettanti; gente comune, proprio come i briganti autentici.
Lo scopo è quello di raccontare un pezzo del passato che ci appartiene e riguarda da vicino, ambientato proprio nei boschi lucani. Conoscenza, dunque, ma anche intrattenimento, poiché, citando il giornalista Allen Nevins, “se la storia fosse una fotografia del passato sarebbe piatta e poco interessante. Fortunatamente, si tratta di un dipinto; e, come tutte le opere d’arte, non riesce a toccare la verità se non mescolando la fantasia e le idee ai colori”.
Scopo ulteriore della rappresentazione è quello di “esaltare lo spirito critico” degli spettatori, alimentandone la curiosità per saperne di più. Non a caso, infatti, sono stati inseriti riferimenti storici nelle note di regia, per fornire uno spaccato verista e imparziale e permettere al pubblico di sviluppare il proprio punto di vista alla luce dei fatti documentati.
In fondo, il teatro è come la vita, in cui ognuno di noi si trova continuamente in scena a recitare un ruolo e ad indossare una maschera. Consapevoli di ciò, sono ben 21 i volontari che hanno accettato di prestarsi a quest’iniziativa, diretti dal regista Aldo Fortunato:”Ho cercato di dare loro i presupposti fondamentali dell’arte drammatica e valuto positivamente il lavoro svolto”. “Il teatro” continua Fortunato “si basa sulla finzione e, siccome loro non sanno fingere, sono più autentici, più veri; ecco perché non ho voluto colleghi professionisti”.
In una delle sue battute, Serafina dirà:”Sognare non costa nulla” e, in effetti, è proprio ciò che hanno fatto i nostri attori: sognare, per una notte, di essere tornati indietro nel tempo, nell’infanzia di un’Italia che ancora oggi porta con sé retaggi di quel lontano 1861. Raccontare la storia è un’enorme responsabilità, soprattutto se si tratta di eventi molto distanti dal narratore. Servono informazioni, fonti attendibili, dettagli esplicativi.
Aiutato nell’adattamento testo da Nunzia Gioia, Fortunato spiega di aver avuto bisogno di un testo storicamente fondato e scritto da uomini di teatro: originariamente composto da tre atti, ridotto poi ad atto unico, il testo fotografa la situazione del periodo post-unitario senza fornire opinioni personali.
Tra i partecipanti, non solo adulti, ma anche giovani in grado di dimostrare serietà e voglia di fare. In una comunità, il coinvolgimento di ogni fascia d’età diventa vitale alla sopravvivenza della comunità stessa. Il teatro, dunque, funge da attività ricreativa il cui risultato finale dipende dal lavoro di squadra, un lavoro svolto con sinergia e continuità. A dispetto di ciò che si rimprovera sempre alle nuove generazioni, ovvero di mancare di impegno e costanza, i nostri giovanissimi attori hanno accettato fin da subito di dedicarsi a quest’idea.
L’evento, inoltre, si propone anche di esaltare le tradizioni e i sapori tipici delle nostre terre, motivo per cui, al termine dello spettacolo teatrale, ci sarà un momento di intrattenimento musicale a cura dei Popularia Tour durante il quale si potranno degustare pietanze e prodotti gastronomici.
Ultimo, ma non certo per importanza, la serata vedrà la presenza di Michele Placido quale testimonial d’eccezione, a conferma dell’ottima qualità del “prodotto” pubblicizzato; che dire? Provare per credere!
Antonella Gioia